venerdì, Marzo 29, 2024
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I continui successi del movimento di resistenza iraniano, del MEK e del CNRI dovrebbero ispirare il sostegno dall’estero

Ongoing Successes by Iran’s Resistance Movement, MEK and NCRI Should Inspire Support From Abroad

Il 17 luglio, decine di migliaia di iraniani si collegano in una conferenza internazionale del movimento di resistenza iraniano, MEK e CNRI. Il Free Iran Global Summit (Conferenza Globale Iran Libero) sarà un’alternativa socialmente distanziata al raduno organizzato annualmente presso Parigi dal Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI).
Molte comunità di espatriati terranno raduni in diversi Paesi, e questi saranno collegati in diretta in un evento generale che verrà visto da altri partecipanti, politici e giornalisti.
Ci sarà molto da discutere nell’evento, alla luce dei vari notevoli sviluppi avvenuti in Iran negli ultimi due anni. Alcuni di questi sono stati promettenti, come nello scoppio di due rivolte a livello nazionale con l’obiettivo di ottenere libertà e democrazia per il popolo iraniano. Altri sono stati tragici, come nello scoppio dell’epidemia di coronavirus, che rimane completamente incontrollata circa sei mesi dopo il riconoscimento dei primi casi iraniani. Ma praticamente tutti gli ultimi sviluppi indicano il potenziale per un grande cambiamento nel prossimo futuro.

La società iraniana attende un innesco per esplodere. Questo popolo iraniano risorto e il suo movimento di resistenza dovrebbero essere sostenuti dalla comunità internazionale. I raduni annuali del CNRI rappresentano opportunità per ispirare azioni a sostegno del movimento democratico della Resistenza. Ma anche se numerosi singoli politici ed esperti in questioni mediorientali hanno reso noto il proprio sostegno, i loro governi sono rimasti generalmente riluttanti sulla prospettiva di alienarsi l’attuale governo di Teheran.
Per molto tempo, questa riluttanza è stata influenzata da false assunzioni, narrate dagli apologeti del regime riguardo alla prospettiva di un’alternativa. Questa narrativa ingannevole suggerisce che l’opposizione organizzata sia inesistente o priva di un sostegno popolare significativo. Gli apologeti del regime hanno descritto la presa dei mullah sul potere come ferma, legittima e praticamente irremovibile. Tuttavia entrambe queste premesse sono state seriamente messe in discussione nel corso degli anni. Ora sembrano rimanere aggrappate a un filo, e ci sono poche ragioni per cui possano sopravvivere alle discussioni politiche che emergeranno dalla Conferenza Globale Iran Libero.

Questo perché ci si può aspettare che rappresentanti del CNRI mettano in evidenza per un pubblico internazionale i recenti successi della Resistenza iraniana. Questi includono le insurrezioni nel gennaio 2018 e nel novembre 2019, durante le quali l’Organizzazione del Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI / MEK) ha svolto un ruolo cardine e di guida. Dichiarazioni in tal senso sono giunte addirittura dal leader supremo del regime iraniano Ali Khamenei. In effetti, affermazioni simili continuano ad essere diramate dal suo ufficio anche adesso, avvertendo i suoi sostenitori della prospettiva di un’effusione ancora più forte del dissenso sulla scia dell’epidemia di coronavirus.

In un discorso ai suoi miliziani Basij, dissimulati come studenti, in aprile, Khamenei ha identificato il MEK come un gruppo che “rifiuta le basi della rivoluzione”, vale a dire il sistema del velayat-e faqih – potere assoluto delle autorità clericali. Ha continuato notando che lo sforzo del MEK di rovesciare quel sistema diventerà probabilmente un principio guida delle prossime proteste studentesche, a meno che i Basij e altre autorità integraliste non lo sopprimano efficacemente.
Questa è la conclusione che chiunque sarebbe costretto a trarre dopo aver osservato le due precedenti rivolte e visto come queste hanno frantumato la ridicola rappresentazione, da parte del regime, del MEK come un “culto” o un “gruppo” che non rappresentava una minaccia per la presa dei mullah sul potere. La popolarità e la forza dell’organizzazione sono state dimostrate non solo dal riconoscimento di Khamenei che essa aveva svolto una “pianificazione di mesi” per facilitare le manifestazioni, ma anche dalla portata della condivisione nella nazione di piattaforme e slogan del MEK.
In tutto il Paese, i partecipanti alle rivolte del 2018 e del 2019 sono stati sentiti cantare “Morte al dittatore” e “Morte a Rouhani”, in riferimento al leader supremo e al presidente del regime. Le manifestazioni pubbliche hanno anche ripudiato esplicitamente entrambe le fazioni del regime, chiarendo che la preferenza del pubblico era per un’alternativa al di fuori dell’insieme di questo regime medievale. È un sentimento molto simile a quello che è stato espresso dalla Resistenza iraniana negli inviti al boicottaggio delle elezioni nazionali, in base alle quali la leadership dell’organizzazione ha esortato gli iraniani a “votare per un cambio di regime”.
Quasi tutta la popolazione iraniana ha preso parte a tale boicottaggio lo scorso febbraio, nonostante Teheran abbia nascosto l’inizio dell’epidemia di coronavirus e abbia ordinato in modo pressante agli elettori di recarsi alle urne. Le elezioni ‘parlamentari’ sono state contrassegnate dal tasso più basso di partecipazione degli elettori, anche sulla base delle statistiche costruite dal regime, nei suoi 41 anni di storia, rendendole forse l’ultimo di molti indicatori che il Paese è pronto per un cambio di governo.

Tutti questi segni saranno richiamati per la comunità internazionale durante la conferenza globale. Sotto ogni aspetto, questo dovrebbe indurre responsabili politici di primo piano ad abbandonare finalmente il falso presupposto che il cambiamento di regime in Iran sia improbabile. Con i boicottaggi elettorali e le insurrezioni anti-governative, appare sempre più chiaro che tale cambiamento non solo è realizzabile, ma può essere inevitabile.
Questo lascia ancora la questione di cosa ci si possa aspettare da quel cambiamento. Ma anche questo sarà delineato in dettaglio dai relatori all’evento Iran Libero. È già stato delineato per i sostenitori del MEK e del CNRI, sotto forma di un piano in 10 punti per il futuro dell’Iran, scritto dalla presidente-eletta del CNRI, Maryam Rajavi. Basti dire che un governo di transizione sotto la guida della signora Rajavi porterebbe il Paese a elezioni libere ed eque, a pari protezione per tutti sotto la legge, all’abbandono delle ambizioni nucleari, a relazioni pacifiche con i vicini e alla separazione della religione dallo Stato.
Il cambiamento imminente è qualcosa che ogni nazione democratica del mondo dovrebbe non solo desiderare, ma essere disposta a contribuire perché si realizzi. E ci sono modi per farlo senza mettere a rischio nessuno dei cittadini e nessuna delle economie di quelle nazioni. Con due rivolte su scala nazionale, innumerevoli altre manifestazioni di attivisti e diversi precedenti eventi Iran Libero oltre i confini dell’Iran, la Resistenza ha affermato che sarà la popolazione all’interno del Paese a guidare il cambio di regime. Tutto ciò che serve da parte della comunità internazionale è la certezza che essa sarà dalla parte di quella popolazione quando verrà il momento.

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